Il restauro conservativo di Santo Stefano di Sessanio
Preservare un luogo quasi incontaminato, lontano dal mondo, così lontano da essere stato abbandonato dai suoi stessi abitanti, destinato ad una tremenda rovina, è un gesto di amore prima ancora che un dovere verso la storia. E per conservare la memoria, per fermare il tempo ci vuole arte e una idea semplice e grandiosa, come quella dell’albergo diffuso di Santo Stefano Sextantio. L’ideatore Daniele Kihlgren ha avuto un’intuizione geniale che lo ha portato ad una fama mondiale e ha reso Santo Stefano di Sessanio una meta turistica molto ambita in tutto il mondo.
Per fare ciò Kihlgren, in collaborazione con il Museo delle Genti d’Abruzzo, ha progettato un albergo che non fosse rinchiuso in quattro mura, ma che vivesse e respirasse in ogni casa e in ogni vicolo di Santo Stefano di Sessanio, restaurando diversi edifici del borgo medievale, avendo cura dei minimi particolari.
Tutti i restauri hanno seguito il metodo cosiddetto conservativo, volto cioè ad eliminare tutti gli elementi estranei e a recuperare in ogni minima parte tutte le caratteristiche peculiari di quel luogo. Trattandosi di un borgo medievale, fatto di pietra e di legno, tutte le stanze dell’albergo sparse per il centro storico sono state prima di tutto ricavate nella nuda pietra, poi arredate utilizzando mobili antichi e oggetti del patrimonio storico: vasi, piatti, tavoli, tutti recuperati e conservati come in un museo della civiltà contadina.
Per questo il progetto è stato addirittura inserito nella Biennale di Venezia, per questo è divenuto famoso in tutto il mondo. L’impressione che lascia a chi trascorre una vacanza ospite dell’albergo diffuso è quella di un salto indietro nel tempo, un viaggio con la mente e con tutto il corpo in un borgo del Medioevo.
Niente è stato contaminato dalla modernità, sono state riportate in vita le originarie porte e le originarie finestre, le tappezzerie e la biancheria ricamata.
Ciò ha avuto delle conseguenze strepitose: prima di tutto, richiamando un numero enorme di visitatori, gli abitanti del luogo hanno smesso di emigrare e hanno ripreso le loro attività sul posto; in secondo luogo, molti stranieri hanno iniziato a cercare casa in questo luogo esclusivo, fonte di pace e di calma, a stretto contatto con la natura.
Quando non basta rinchiudere l’arte in un museo è l’arte stessa che deve farsi museo a cielo aperto.
A Sextantio tutto sembra collaborare per rendere la vacanza indimenticabile, non solo lo splendido e noto paesaggio del Gran Sasso o la calda accoglienza degli abruzzesi, ma le mura stesse, gli edifici sembrano richiamare il turista in un abbraccio grande quanto tutto il borgo, per questo è un’esperienza unica e irripetibile.