Filosofia

La salvaguardia del patrimonio storico minore

Sarebbe auspicabile immaginare una via costruttiva anche per quelle realtà costituite da un patrimonio storico architettonico “minore” che si fonde senza soluzione di continuità col paesaggio circostante e che
necessiterebbe, più che di misure assistenzialistiche, di discipline normative  generatrici di vera economia e riducibili alla tutela integrale del paesaggio con politiche di totale inedificabilità in borghi dove l’abbandono (integrale o sostanziale) non rende obbligatorio il nuovo costruito. Questo patrimonio necessiterebbe inoltre di una puntuale vincolistica, per conservare l’integrità storico\tipologica del costruito e secondariamente permettere attività economiche, di tipo ricettivo o immobiliare, qualora abbiano come premessa la tutela integrale delle architetture locali, permettendo alcune deroghe sulle discipline che regolano l’ospitalità, senza le quali, il suddetto obiettivo di tutela è, di fatto, irraggiungibile.

Per quanto riguarda la progettualità privata, in via sintetica sono menzionate di seguito alcune linee guida a proposito della disciplina di recupero di questo patrimonio storico minore:

  • conservazione dell’originaria cubatura, del numero e delle dimensioni delle aperture (porte e finestre) e conservazione delle divisioni interne ed eventualmente della destinazioni d’uso dei vani nell’originaria organizzazione domestica.
  • Superate le esigenze strutturali, negli immobili spogliati nei secoli è necessario uso esclusivo di materiale architettonico di recupero, quando non è possibile ricorrere a materiale proveniente dalla stessa area geografica e oggetto di corretta riproposizione, deducibile da diverse tipologie di studi. Qui le differenze tra i grandi patrimoni della classicità e questi patrimoni storici minori è fondante, essendo questo materiale di recupero maggiormente interscambiabile per assimilabili caratteristiche stilistiche, mentre il patrimonio più importante ha una sua unicità derivante dalla particolare interpretazione dell’architetto, e dalle esigenze della committenza. Tutto quanto premesso, è evidente come in questo patrimonio classico, l’integrazione del materiale architettonico mediante sostituzione, sarebbe quantomeno discutibile.
  • L’approccio conservativo per luoghi nati, vissuti e a volte morti, abbandonati, per il legame col destino degli uomini che li vivevano e delle economie e delle attività che li sostenevano, arriva quindi a contemplare scelte estreme di conservazione delle tracce del vissuto umano, dagli intonaci che portano con sé i segni di sofferenza del tempo, alle materiali testimonianze sedimentate delle attività di sussistenza, parte integrante dell’identità di questi luoghi,  e quindi quello oggetto di tutela.
  • Per quanto riguarda gli interni e l’arredo è stato considerato prioritario anche qui la riproposizione degli elementi originari anche perché questi borghi nascono e muoiono sostanzialmente con un unica civiltà, quella agropastorale che porta con sé fino ad un passato non così lontano, una sua unitaria tradizione di mobili senza tempo e fuori dalla storia: letti, madie, cassepanche, arche. Nei casi di maggiore deperibilità, come coperte tessute a mano, si interviene  riproducendole ex-novo, potendo ancora fare uso della memoria degli anziani (in alcuni settori le ultime testimonianze di un Universo che scomparirà irreversibilmente a breve) e di materiale iconografico (Per l’Abruzzo molto esplicativo per gli interni l’Archivio Schoermaier). Indagini commissionate alle più competenti istituzioni di ricerca a proposito delle culture materiali, nel caso di S. Stefano di Sessanio, il nostro primo caso di attuazione progettuale, il Museo delle Genti d’Abruzzo.
  • Laddove dovranno essere inseriti elementi che storicamente non erano presenti, dai comodini, agli armadi rari nelle dimore rurali, al posto della tentazione tipica di “staccare” e ricorrere ad elementi contemporanei o di design, peccato originale di tanta progettualità architettonica, sono stati creati artigianalmente gli elementi con materiali di recupero di uso comune che intimamente colloquino nella forma, nel colore, nella patina, nel tatto e negli odori con questa identità del luogo. 
  • Solo laddove gli elementi sono assolutamente necessari alla vivibilità contemporanea e non sostituibili con elementi che nel passato non esistevano o  che non sono oggi riproponibili (fondamentalmente i sanitari), la scelta, nei progetti in essere, è stata quella di inserire un design minimalista, ricercando con questo, oltre che una essenziale eleganza, una semplicità formale essenzialmente geometrica e anche una certa quale “retoricità” per diffusione e riconoscibilità dell’oggetto proposto (tipo vasca di Stark) che dovrebbero rimanere neutre alla percezione o per contrasto rendere più marcato il patrimonio originario, senza indulgere in tentazioni innovative che in questi spazi sarebbero chiaramente decontestualizzate.